“Coria” da sempre e’ un nome che si associa alla cucina Siciliana, alla tradizione gastronomica ed al piacere della buona tavola; Giuseppe Coria, e’ infatti l’autore di “Profumi di Sicilia” il libro considerato la “Bibbia” della cucina Siciliana , uno di quei libri che nel tempo diventa un classico che non puo’ mancare nella biblioteca di ogni Gourmet che si rispetti; il volume, oltre ad offrire un grosso numero di ricette tipiche, regala al lettore, la possibilita’ di conoscere la Sicilia non solo nell’aspetto gastronomico, ma offre una chiave privilegiata, per indagare, da un originale punto di vista, sul carattere della Sicilia e dei Siciliani. Continua a leggere
cuochi
Il nuovo lusso in cucina? La semplicità – Identita’ Golose 2010
Ristorante Casa Grugno – Taormina (Me)
Visitato a cena Venerdi’ 11 luglio 2008
Nel cuore del borgo medioevale di Taormina, in una costruzione cinquecentesca, si trova il ristorante Casa Grugno; il palazzotto di architettura Gotico-Catalana, era un tempo dimora della famiglia Grugno, che nel quindicesimo secolo ebbe importanti cariche nell’amministrazione della citta’. Continua a leggere
San Marco d’Alunzio (Me) Repubblica Medievale
Non è una lacuna scolastica, ma un paradosso turistico – gastronomico in cui ci siamo imbattuti per la scontatissima e tradizionale gita fuori porta ( non potevo utilizzare termine più abusato) per il week end del 2 Giugno, giovane festa dedicata alla Repubblica Italiana.
Teatro del tour, il paesaggio in cui il bellissimo mar Tirreno sposa le colline che fanno da avamposto ai Nebrodi. Subito da consigliare un tuffo ristoratore a Capo d’Orlando, acqua trasparente, spiagge pulite ed attrezzate e splendide baiette da scovare in un bellissimo lungomare che va dal caratteristico borgo di San Gregorio fino al centro della cittadina.
Pausa pranzo, se si vuole evitare il solito panino da spiaggia, all’Altra Risacca, trattoria collaudata dove mangiare dell’ottimo pesce, ben preparato e dal buon rapporto qualità prezzo.
E poi, per chi vuole prolungare la sua permanenza (consigliabile il periodo di giugno – luglio, meno affollato), altra dritta è un carinissimo B&b, anch’esso testato ed aggiunto nella lista delle buone esperienze, Le Terrazze.
Una villetta al centro del paese con un delizioso giardinetto interno profumato e colorato, come simpaticamente accoglienti sono i due padroni di casa Pina e Salvatore … da non perdere! Noi proseguiamo per San Marco d’Alunzio, pochi chilometri dopo aver attraversato Rocca di Caprileone (ricordata dai gourmet per aver dato i natali ad uno dei migliori ristoranti dei Nebrodi ed oltre, l’Antica Filanda) incontriamo il bivio che precede una serie di tornanti che in pochi minuti ci conducono ai 540 metri sul livello del mare di questa cittadina che sembra “incappucciare” la collina.
Fanno da corona i Nebrodi e si resta abbagliati dalla bellezza del panorama del golfo che va da Capo Milazzo a Monte Pellegrino e che incornicia le isole Eolie.
Tutto davvero speciale, ma non finisce qui.
Ci addentriamo verso il cuore del borgo medievale, le case aluntine incastonate nel rosso marmo locale, fanno da scenario a numerossime chiese (più di 20!) conventi,, palazzetti, brani di un’antica cinta muraria ed è subito festa, ci spogliamo dei panni balneari ed entriamo in atmosfera medievale.
Ci fanno da Ciceroni i fratelli Monastra ristoratori ed albergatori, ma soprattutto organizzatori, animatori, factotum sia della festa che si ripete in diversi periodi dell’anno ma anche della vita del borgo.
Nino, sommelier di lunga data, ci “obbliga” ad una tappa in un wine bar del corso principale, ed è subito aperitivo in preparazione alla cena, con un buon Spumante Metodo Classico, inzolia e chardonnay, della cantina Milazzo.
Ben servito, freddo, davvero un bell’inizio.
Poi tra intricate viuzze, scalette e piazzette (tutto in miniatura!) ci conduce alla casa che condivideremo con Paolo, fautore della giornata, Anna, Chiara, Nicoletta, Giovanna ed Ombretta (i soliti compagni di merenda e tanto altro!).
Casa dello Algozirio (agente giudiziari del re), nel vecchio quartiere di Sant’Andrea, modulato dagli influssi della storia greca, romana, bizantina, araba e normanna.
Pernottare nel Borgo Medievale vuol dire abitare anche nelle case dello Aromataio, del Pensatore, dello Scrivitore, dello Pingitore, dello Musico, dello Acatapano, dimore ben restaurate e rifunzionalizzate, che mantengono intatte le sensazioni e le suggestioni del tempo.
Capitolo cena. Luogo: La Fornace; fame: tanta; padrone di casa: Nino… si sempre lui! Locale classico, una sala, anch’essa classica, ma presto la sorpresa, una carta di vini che non ti aspetti! Molti fanno capolino tra le mensole vicine ai tavoli… Sfursat, Amarone, Barolo, grandi vini, grandi cantine dal Piemonte alla Sicilia, centinaia di etichette alla carta.
Capiamo subito che qui Nino fa rima con… buon vino! Facciamo fare a lui anche per il menù.
Antipasto del buongustaio… classico.
Ma ancora una sorpresa un ottimo carpaccio di manzo marinato al thè. Buonissimo e sorprendente.
Primo, ovviamente classico e materno, dal quale stabiliamo che in cucina lo chef è donna.
Ed è vero.
Due tegamini incandescenti custodiscono una pasta fresca fatta in casa al forno ricca di formaggio, prosciutto e melenzane, ben “incastagnata” (per chi legge da fuori Catania, con una ammiccante gratinatura in superficie) proprio come la richiederesti alla mamma per il pranzo della domenica ed un risotto ai funghi porcini, ben tirato e saporito. Il secondo? Classico! Una buona grigliatina mista di carne e degli spiedini.
La scelta del vino? Ottima. Nino ci porta al tavolo un Nero d’Avola 2005 Feudo Montoni, Selezione speciale Vrucara. Acqua con bollicine rigorosamente San Pellegrino.
C’è classico… e classe, anche la scelta delle acque minerali sorprende, come (e questo potrebbe essere un punto da approfondire sui prossimi post del blog) l’attenzione prestata alla preparazione di cibi per celiaci. Ci congedano dal locale dei soufflè alla crema di nocciola caldi, un piatto del “buon ricordo” davvero delizioso accompagnato da una buona grappa barriccata!
La passeggiata serale nel borgo illuminato è suggestiva e già ci prepara al giorno di festa: domani qui sarà Medioevo! E così accade, ci svegliamo e scopriamo che la piazzetta di fronte casa è gia un piccolo mercatino di lavori artigianali in legno, sentiamo il battere di un martello sull’incudine, il fabbro è in azione ed affacciandoci dal balconcino scorgiamo un arciere che si esercita scagliando le frecce verso un paglione.
Uscendo scopri un borgo trasformato, gente in costume che suona e danza, ogni angolo ha i suoi protagonisti, la banda del paese intona musiche e precede il piccolo corteo di gente vestita da cortigiani.
Poi formaggi e salumi di produzione locale, famoso e pregiato il Salame di San Marco, l’olio Extra vergine d’Oliva, il miele…
Degustazioni, negozietti di artigianato locale tra i quali ne spicca uno di filati pregiati che vede protagonista il lino siciliano e le sue più classiche lavorazioni, gruppi di turisti guidati che fanno visita alle più belle chiese ed al museo di San Marco, proprio una bella atmosfera da godersi fino al pranzo, consumato in modo più frugale.
Nel pomeriggio ci congediamo da San Marco, dal buon padrone di casa Nino e dalla famiglia Monastra tutta, per concederci un bagno nella spiaggia di Sant’Agata di Militello prima del ritorno a casa. Non senza rimpianto… la sera infatti, a conclusione del giorno di festa a San Marco d’Alunzio, è prevista la Cena Medievale, con preparazioni a tema e tavole imbandite d’epoca… ma il “rientro intelligente” ci chiama! Una bella e buona esperienza, gente accogliente e propositiva, che crede nelle risorse del proprio paese e ne tocca le corde unendo la piacevolezza dei luoghi alla cultura ed alla passione per la tavola.
Tutto a San Marco d’Alunzio per un giorno ci ha raccontato del Medioevo, allora ci sentiamo di fare “una crociata” a favore di questi incantevoli luoghi dei Nebrodi, una “terra santa e ospitale” tutta da conquistare nei fine settimana o in periodi più lunghi di vacanza tra mare e collina. O mi raccomando… solo con le armi della curiosità e del pieno relax!
De Gustibus Q.b.
Contatti: Borgo Medievale Case Albergo e ristorante La Fornace: Tel 0941797297. Cell. 3291087930 – Via Cappuccini 141 San Marco d’Alunzio
B&b Le Terrazze – Capo d’Orlando. www.bbleterrazze.com
L’Arco dei Cappuccini – Taormina (Me)
Visitato a Cena Martedi’ 3/06/2008
Anche quest’anno con Fabio e Bianca decidiamo di aprire la nostra personale “stagione” estiva con la solita cena all’Arco dei Cappuccini a Taormina.
Il lunedi’ chiamo e prenoto: “bene un tavolo per quattro alle 21 a nome?”- “Graziano”- “ma chi sei Graziano del sale di Catania?” – “Carmeloooo” – “ certo io sono, che ti preparo per domani?” – “Carme’, il solito fai tu, ma tanti scampi e tanti gamberoni!!!” – “ci penso io!”
Il martedi’ alle 21 e 30 in punto siamo di fronte al locale, Fabio e Bianca gia’ ci aspettano dentro, posteggiamo nella stessa via (tra qualche settimana, sara’ impossibile posteggiare li, ed a Taormina non scherzano i vigili, anzi, hanno la ganascia facile).
Accanto all’ingresso, la bacheca con il menu’ , illustra i piatti del giorno, leggendola, sembra di entrare in un qualsiasi locale per turisti, con in bella mostra piatti tipo: spaghetti alla carbonara, tagliatelle alla bolognese o pasta alla norma….ma noi che lo conosciamo, sappiamo che e’ tutt’altro tipo di locale.
Entriamo e subito ci accolgono Carmelo ed i suoi simpatici colleghi; ci salutiamo e ci accomodiamo al tavolo.
Siamo nella veranda, il clima e’ perfetto, l’atmosfera e’ rilassata, la clientela e’ perlopiu’ internazionale.
Per l’ordinazione ci affidiamo a Carmelo che ormai ci conosce e sa che puo’ e anzi deve esagerare.
Decidiamo di bere un Sauvignon blanc Sloveno, Simcic.
Il tempo del solito brindisi ed eccoci pronti ad iniziare la nostra “maratona”.
Un bellissimo piatto di scampi crudi e’ il primo di una lunga serie di antipasti.
Gia’ solo il colore e’ emozionante, piu’ volte con i nostri amici, trovandoci in diversi ristoranti, avevamo sognato un piatto del genere…gli Scampi dell’Arco dei Cappuccini appunto…
neanche il tempo di fantasticare un po, che subito ci viene servito un carpaccio di tonno freschisimo e delicato.
Segue un carpaccio di Polpo,
e dei fantastici gamberi rossi crudi, che ci vengono serviti direttamente nel piatto.
Il gambero e’ fantastico, e mentre ci troviamo in uno stato di quasi trans-gustativo, ecco arrivare il palamito marinato con una splendida tartar.
Il colore della marinatura in contrasto con l’interno rosato, ricorda quasi un tataki giapponese…in bocca e’ estremamente gustoso e raffinato.
Ecco di nuovo i gamberi rossi, ma questa volta gratinati al forno con una panure alle erbe aromatiche…
stessa preparazione anche per gli scampi che ci si presentano come uno stupendo paesaggio gastronomico, un ventaglio verdeggiante che ci invita e ci chiama a se.
Ipnotizzati da cotanto ben di Dio, prendiamo un attimo di pausa per riprenderci da questa prima parte della cena…tutto squisito…preparazioni semplici ma fatte a regola d’arte…esaltazione massima del prodotto.
Non soddisfatti dal vino che ci ha accompagnato fino ad ora, decidiamo di cambiare, per un classico sauvignon Blanc Sanct Valentin; e’ un 2007, un po’ giovane ma sempre uno dei miei preferiti.
Siamo ai primi…decidiamo di non continuare insieme ma di prendere strade diverse: Bianca e Francesca hanno scelto le tagliatelle con cernia e zucchine, che gia’ conosciamo per averle mangiate altre volte.
Io e Fabio decidiamo di assaggiare due diverse preparazioni: Io prendo la pasta con fave e triglie, lui con tonno, capperi e mollica atturrata.
Entrambe le paste ben fatte, molto gustose e soprattutto legate perfettamente.
Giusto per non esagerare, per secondo, al posto del solito pescione, decidiamo di optare per un piu’ “parco”(si fa per dire) e classico involtino di pesce-spada.
L’involtino anche in questo caso e’ perfetto, fatto un po alla Messinese’s style, tipo bracioline, accompagnato da carote e zucchine saltate(un po troppo francesi).
Il servizio e’ come al solito veloce, simpatico ed informale, i ragazzi in sala, seppur indaffarati, trovano sempre il tempo di intrattenere il cliente e di farlo sentire a proprio agio.
Per finire un ottimo sorbetto al limone con lamponi ed un caffe’.
Prima di congedarci dai nostri amici supplico Carmelo di presentarmi gli chef, che poi sono anche i proprietari; da anni frequento questo locale, ma mai ho avuto il piacere di conoscerli, ma questa sera, non demordo ed anziche’ lasciare i soliti complimenti, convinco Carmelo a portarmi su in cucina in modo da potermi complimentare di presenza.
Saliamo su…e finalmente conosco i Fantastici colpevoli di cotanta bonta’.
Lui e’ Claudio Forti, nato a Bolzano e trapiantato a Taormina, lei, la moglie…Elvira Curcuruto…e’ del vicino paesino di Castelmola…insieme formano questo meraviglioso connubio di sensibilita’ e passione, che ha il suo culmine, nella loro interpretazione della cucina Siciliana, fatta di semplicita’ e di gusto, di grandi prodotti e di smisurato amore per il cibo.
Finalmente ho avuto il piacere di conoscere gli chef….mi congedo da loro, dopo l’invasione e ritorno al mio posto, soddisfatto ed emozionato.
Il conto e’ di circa 70€ a testa vini esclusi e considerando che abbiamo mangiato come se fossimo una decina, non e’ affatto caro, anzi.
Conclusioni: Riconfermato in pieno l’ottimo livello qualitativo del locale, un grosso plauso va a Elvira e Claudio, Chef – Patron del locale,che, lavorando “nascosti” dai fasti e dai clamori di guide e critici hanno saputo creare questo piccolo gioiello.
Bravi i ragazzi della sala che, nel costante pienone, riescono sempre a tenere la situazione in pugno e rendere il servizio fluido e piacevole.
(Simone,Alessandro,Carmelo ed Enrico)
Contatti: Ristorante L’Arco dei Cappuccini – Via Cappuccini n°1 – Taormina – Tel. 0039 0942 24893 – Chiuso il Mercoledi’
Trattoria Al Castello -[di Donnafugata (Rg)]
In una delle tante visite nello splendido scenario ibleo non si puo’ non fare una visita culturale nel meraviglioso castello di Donnafugata, una delle tante perle della provincia barocca ragusana. Si narra che il castello fu fatto edificare da un antica torre araba del 1200, la leggenda vuole che una donna prigioniera del perfido conte Cabrera che voleva sposarla, riusci a fuggire ed a dare il nome all’omonimo castello. E dove un tempo vi erano proprio le masserie dove alloggiava la servitu’del castello, sorge la rinomata trattoria “Al Castello” dove poter assaggiare tutti i pianti della cucina tipica e genuina del ragusano, e per che no’, con la possibilità di incontrare i vari attori che girano i loro films nella provincia dal mitico Luca Zingaretti al grande Giancarlo Giannini. Per l’abbondanza dei piatti, il locale propone “intelligentemente” vari tipi di menu’: antipasto tipico-primo-dolce;
antipasto tipico-secondo(di carne)-dolce o il menu’ completo, tutti i menu’ sono completi di acqua,vino(nero d’avola) e bibita servite in bottiglie da 1.5 litri che gia’si trovano al tavolo ancora prima di ordinare,insieme ad una bottiglia di olio DOP da 0.50 di Chiaramente Gulfi. Un consiglio,considerato l’abbondanza dei piatti, e’ quello di non prendere il menu’ completo,perche non arriverete a completarlo tutto, c’e’ il rischio che vi fermiate gia’ all’antipasto! Io e mia moglie Katia ordiniamo di solito un menu diviso tra il solo primo e il solo secondo in modo da potercelo scambiare. Ma cosa si mangia nei vari menu? L’antipasto tipico e’ricco di formaggio “ragusano” con olive, pomodori secchi,carciofini ed una gustosissima gelatina di carne (zuzzu), nell antipasto rientrano anche le famose scacce!Ne vengono servite 2 a testa,uno di ricotta l’altra al pomodoro.
Come primo un bel piatto di ravioli fatti in casa con ricotta,al sugo di maiale che sembra una crema delicata…(nel medicano sono ancora piu’ buoni). Come secondo viene proposto un bell’ arrosto misto di carni genuine ragusane.
Il dolce e’rappresentato da un bel piatto di frittelle zuccherate alla ricotta e pezzettini di cioccolata modicana.
Il costo del menu varia da un minimo di 14 euro ad un max di 18 euro circa. Una bella nota positiva e’rappresentata dal vino,oltretutto e’ anche acquistabile al prezzo di solo 4 euro direttamente in loco(facciamo di solito la scorta quando ci andiamo),trattasi di un nero d’avola 100% imbottigliato da un amatore vittoriose solo per loro. Concludo aggiungendo che nel locale e’possibile acquistare,oltre al vino, anche buonissima cioccolata modicana, liquori al cioccolato,prodotti titpici e souvenir vari. Per me e’ mia moglie, il ristorante al Castello rientra tra le nostre consuete tappe “fuori porta” dove riscoprire i prodotti genuini e tradizionali di una provincia che ha molto da insegnare.
Contatti: www.alcastellodonnafugata.it
Locanda Locatelli – Londra
Le 5 Spezie – Catania
Visitato a pranzo Sabato 17/05/2008
Pranzo veloce; decidiamo di provare questo simpatico localino aperto da pochi giorni.
Le 5 spezie, il nome del locale, ci fa pensare ad una miscellanea di sapori, ed infatti, troviamo una serie di proposte, diverse tra loro, ma che ben si integrano con lo stile del locale.
L’ambiente e’ luminoso ed informale, il verde acceso delle pareti ed il color legno dei tavolini, danno un tocco di modernita’.
Nel bancone-vetrina, sono in bella mostra una serie di preparazioni semplici ma invitanti:
dai piu’ tradizionali involtini di melanzane e spaghetti, alle patate al forno, dal riso Basmati al curry fino ad arrivare ad un bellissimo kebab “finalmente” artigianale (forse l’unico a Catania).
Decidiamo di assaggiare il kebab ed il curry, entrambi ben preparati e perfetti per un pranzo veloce diverso dal solito.
Ci complimentiamo col giovane cuoco-patron del locale ( gia’ proprietario del piccolo “Gusto” situato nella stessa via e chiuso qualche giorno fa ed ex chef del “Scenario Pubblico”), ripromettendoci di tornare al piu’ presto per assaggiare qualche altro piatto, magari con un po’ piu’ di tempo a disposizione.
Contatti: Le 5 Spezie – Via S.Orsola n° 17 – Catania – tel. 095 28 63 598 – 348 14 17 649
Nangalarruni – Castelbuono (Pa)
Visitato a pranzo Sabato 17/05/08
Mi ero sempre interrogato del perché un luogo così bello immerso nel Parco delle Madonie potesse chiamarsi Castelbuono? Penso al Castello…c’è… e deve le sue origini ai Ventimiglia, Signori della Contea di Geraci, i quali, agli inizi del 1300, decisero di costruirlo sul poggio dominante la cittadina. Ma perché buono… e non più logicamente.. bello! Cosa può avere di buono un castello?
Pensieri. Attraversiamo il Parco delle Madonie, provenienti da Cefalù, immergendoci in uno straordinario paesaggio assolato e finalmente primaverile, tra campagne odorose ed accese da macchie di ginestre fiorite. Bello, sempre più bello! Fin quando è proprio il Castello a presentarsi, poco minaccioso e dai colori che rievocano atmosfere Umbre e Toscane.
E l’impressione di ritrovarsi in un borgo medioevale del Centro Italia si fa sempre più decisa attraversando le stradine lastricate che ci portano nel cuore di Castelbuono.
Tutto molto bello… ma il buono? Lo troviamo subito… è l’obiettivo della nostra giornata (oggi oltre ad Ombretta ho coinvolto anche la mamma)… un piacevolissimo ritorno nella sinuosa via delle Confraternite che timidamente si affaccia sul corso Umberto I e che sembra custodire le bontà, i profumi ed i segreti della cucina di Giuseppe Carollo e del suo Nangalarruni.
Anzi sembra proprio sentirlo questo marranzano o scacciapensieri, le sue note stile pifferaio magico ci inducono ad anticipare i tempi, fino a ritrovarci seduti a tavola con abbondante anticipo sui tempi di prenotazione. L’ambiente subito accogliente, un benvenuto gentile, tutto già parla dell’amore e della passione per il posto e per il territorio. C’è la storia del fungo alle pareti, le epiche imprese di Giuseppe e dei suoi amici alla ricerca di straordinari Porcini, Ovoli e di un fungo buono e unico, il Basilisco; c’è la passione per i vini, che in una buona panoramica regionale e nazionale si mostrano, riscaldando l’atmosfera, preparandoci ancora più piacevolmente al pranzo; ci sono i riconoscimenti delle più importanti guide gastronomiche italiane ed internazionali. A casa di un amico, menù riccamente articolato e sempre legato alla stagionalità degli ingredienti, esordiamo con il classico e confidenziale: “fai tu!” Già dalla piccola cucina del piano terra sentiamo il dolce suono delle padelle in azione e nel contempo diamo un’occhiata al piano superiore, dove un’altra sala accogliente e dotata anch’essa di cucina si prepara all’arrivo degli ospiti. Iniziamo con un carpaccio di fungo Basilisco, verdure e caprino: il bianco e la purezza del Basilisco, mutuano la sua fama, buonissimo anche per consistenza e poi il caprino che profuma delle vallate appena attraversate, completa la semplice ma riuscitissima opera.
L’affinità elettiva tra cibo e territorio continua con la zuppetta di funghi porcini con una delicatissima spuma di ricotta, la cui sofficità si presta anche nell’accompagnare un simbolo della cucina “povera” e dei valori, Pane cotto e verdure di campo, che pur presentandosi sotto le spoglie di un elegante tortino, non può nascondere l'”umile” bontà dei suoi ingredienti. Ma la vera sorpresa, il piatto che non ti aspetti, arriva con il primo.
Pasta e patate con fonduta di Caciocavallo. Un piatto affettuoso, dove all’apparente semplicità dei protagonisti fa da contraltare la magistrale preparazione e la qualità dei prodotti.
Un ottimo tubetto rigato fatto rigorosamente in casa, una patata bianca soda e saporita ed un profumatissimo Caciocavallo che fa capolino dal fondo del piatto per arricchire di gusto il tutto. Semplicemente… perfetto.
Proseguiamo con l’altro protagonista incontrastato della cucina di Giuseppe Carollo, il maialino , allevato allo stato brado anch’esso magnifico figlio dei boschi madoniti.
Bocconcini di filetto con funghi, verdure di campo e patate, piatto sincero e abbondante, poca nouvelle cousine e molta sostanza come tiene anche a sottolineare il buon Giuseppe che ci raggiunge e amichevolmente si siede al tavolo con noi.
Se ti dicessero di fare il ritratto di un cuoco, con la passione ed il rispetto della gente e per la sua terra, disegneresti lo sguardo pacioccone e pacifico di Giuseppe, sottolineato da un baffo “malandrino“.
Un bel vedere ma anche un bel sentire.
Ci parla delle sue esperienze all’estero in Germania e Inghilterra (professionalmente valide, ma non tanto rimpiante) fino al suo ritorno a Castelbuono; ci parla dell’amorevole ricerca degli ingredienti e del suo rapporto amichevole con i fornitori.
Da qui il sostenere la filosofia della ” Cucina a Chilometro zero“, esemplificata da una frase che cito testualmente. “Io ai miei fornitori che mi domandano – Cosa vuoi? … rispondo piuttosto – Tu, che mi dai?”. A questo punto ti rendi conto che un’espressione del genere vale più di cento puntate di “Linea Verde”. Ma non finisce qui.
La suggestione per il discorrere di Giuseppe si moltiplica all’arrivo di un fuori programma: uno Stinco di maiale con ristretto di Nero d’Avola e miele! Bello a vedersi ma straordinariamente buono. In questo piatto c’è il riassunto della filosofia di uomo e di ristoratore di Giuseppe Carollo da Catelbuono.
Il segreto è tutto qui! I dolci presentano la novità di un semifreddo al pistacchio e la tradizionalità della cassata siciliana.
Assaggiamo anche un ottimo gelato al pistacchio, prodotto da un amico di Giuseppe a Cerda. Cappadonia, questo il nome di questo artigiano pasticcere che nelle prossime scorribande meriterà una visita, anche per non mancare di assaggiare il gelato al carciofo.
Giuseppe di contro ci dice di aver sperimentato, in un momento di “alcoolica creatività”, anche un gelato alla melenzana ed ultimamente anche al fungo! Sono già le tre, sarebbe bello continuare, ma è bene “liberare” il padrone di casa… soddisfatti e consapevoli che l’abusata definizione “Siamo quello che mangiamo”, con Giuseppe Carollo, trova sempre la sua vera essenza.
De Gustibus Q.b
Contatti: Nangalarruni – Via delle Confraternite n°10 – Castelbuono (Pa) – Tel 0921 671428
(foto d’archivio dello chef “Peppino” Carollo durante una manifestazione svoltasi a Rocca di Caprileone qualche anno fa)
Ristorante La Madia – Licata (Ag)
Visitato a pranzo lunedi’ 12/05/2008
Dopo quasi due ore di viaggio, arriviamo nella piccola cittadina di Licata.
Cosa c’e’ di tanto interessante a Licata vi chiederete, cosa spinge tre baldi giovani a lasciare Catania in un lunedi’ lavorativo per farsi quattro ore di macchina tra andata e ritorno ed essere alla sera pronti per il servizio del ristorante.
La risposta e’ semplice….Pino!…Pino Cuttaia…uno chef che di strada ne ha fatta tanta negli ultimi tempi e che , nonostante il contesto geografico nel quale opera, alquanto decentrato rispetto ad altri, e’ riuscito in breve, a diventare punto di riferimento non solo della gastronomia isolana, ma di quella di tutto il meridione.
Quarta occasione, per me negli ultimi quattro anni, di assaggiare la cucina di Cuttaia, prima volta invece per Elvio e Andrea che mi accompagnano non nascondendo un po’ di emozione per il pranzo che ci aspetta.
Entriamo e subito ci accoglie Pino, ci salutiamo e presento gli amici, il tempo di scambiare quattro chiacchiere e ci accomodiamo nell’ampia e luminosa sala.
Il locale lo conoscevo gia’, semplice e classico, l’apparecchiatura e’ abbastanza tradizionale ma non troppo “leccata”.
Il menu’ e’ veramente intrigante, parla molto di Sicilia e ci sono due interessanti proposte degustazione a 65 e 75 €.
Decidiamo di affidarci allo chef, Pino ci chiede informazioni sulle nostre preferenze ma noi gli diamo carta bianca, raccomandandogli di farci assaggiare quel piatto a base di melanzane, di cui si sentiva il buonissimo odore, al nostro ingresso.
Per il vino…evitiamo la carta e decidiamo di accompagnare il nostro pasto con un Milazzo Metodo Classico.
Arriva il piatto del pane, bellissimo esteticamente, con 6 o 7 varianti, e dei lunghi e fragranti grissini speziati, tenuti insieme da un anello dello stesso pane.
Affamati, iniziamo ad assaggiare il buonissimo pane, accompagnandolo con dell’ottimo olio di Tonda Iblea, che lo stesso Pino ci versa in una piccola ciotolina con del sale grosso.
Siamo alla prima portata…Battuto di gambero rosso con olio al mandarino e maionese di bottarga:
l’estetica gia’ preannuncia un ottimo inizio, le trasparenze del gambero lasciano intendere freschezza e semplicita’, notevole la consistenza, il mandarino accompagna benissimo, la salsa di bottarga e’ il completamento di un perfetto connubio.
Proseguiamo con un altro piatto molto ben presentato: Coda di Rospo affumicata alla pigna, con patata schiacciata e condimento alla pizzaiola.
Resto fermo qualche istante per decidere se mangiare o restare solamente ad odorare questo piatto.
L’intenso odore dell’affumicatura si mischia con un piacevolissimo sentore di carne alla pizzaiola che fa tanto casa.
Passi l’affumicato, ma il secondo odore, non trova riscontro visivo nella minimale ed elegante disposizione degli ingredienti sul piatto ( l’odore riportava ad una bella e stretta salsa ricoperta da mozzarella filante e spezie varie, ma nel piatto niente di tutto questo).
Esco dal mio “trans-olfattivo” ed inizio il mio assaggio; l’affumicato del pesce che gia’ affascinava al naso, si ritrova in bocca con la medesima intensita’, il pomodoro confit rende piacevole il sapore vegetale, completato dalla patata e dallo stupefacente olio aromatizzato, che scopro essere l’artefice di quel secondo odore che mi aveva turbato in precedenza; sul piatto anche qualche briciola di olive, probabilmente leofilizzate o semplicemente disidratate.
Sono solo due assaggi, ma l’entusiasmo e’ alle stelle.
Andiamo avanti con il terzo piatto: Gnocchi di seppia con passatina di Finocchio e Tartufo Scorzone di Acqualagna.
Avevo gia’ assaggiato questo piatto qualche mese fa nel corso del cous cous fest, apprezzandone la consistenza e l’innovativa concettualita’ , ma la versione di oggi, denota notevoli miglioramenti rispetto alla precedente.
Anche questo piatto, come i precedenti si presenta con un’estetica moderna ed elegante, in bocca, stupisce la consistenza dello gnocco di seppia, la delicatezza della passatina, cosi’ come l’abbinamento del finocchietto selvatico con il tartufo (geniali le scaglie di carbone sugli gnocchi).
Piatto che denota ottima tecnica, concretezza ed equilibrio.
Continuiamo con il polipo, servito su di una crema di ceci con salsa di piselli, olio al rosmarino ed una simpatica chips di panella che si eleva in verticale; piatto anch’esso ben fatto ma il meno interessante fino ad ora.
Come preannunciatoci da Pino arrivano le melanzane… “Rivisitazione di parmigiana del giorno prima”……..
che dire di questo piatto…troppo bello per trovare le parole giuste per descriverlo…mousse di melanzane…pomodori confit con un inaspettato sapore di parmigiana (straordinario!!!), schiuma di ragusano (ottima consistenza spumosa e ferma), melanzane perline “magicamente” disidratate, basilico, olio…praticamente tutta la Sicilia, racchiusa in un piccolo parallelepipedo variopinto.
Neanche il tempo di riprenderci dalla recente emozione, che ecco arrivarne un’altra…Ravioli di razza con pesto leggero e succo di pomodoro.
Le sorprese non finiscono mai….arriva l’ennesimo “piatto-opera” del Maestro-Amico Pino…commistione di altissima tecnica (mai fine a se stessa) ed emozione gustativa intensa;
il calamaro ci si propone come un foglio…quasi una pellicola sottile ed elastica che fa da involucro ad un ripieno morbido e gustoso a base di zucchine e tenerumi; la forma “ravioleggiante” viene poi sormontata da uno splendido gambero.
Pausa sigaretta e chiacchierata con lo chef, che ci spiega che, troppo abituato ai ritmi del piccolo centro, non si sentirebbe a suo agio (ahime’) a lavorare in una grande citta’.
Per l’ultima portata, decidiamo di abbinare un rosso, chiediamo qualcosa al calice ed il simpatico cameriere, non troppo convinto, ci serve un Donnata’ di Alessandro di Camporeale.
Arriva l’ultima portata del menu’ , pesce spada “lisciato” all’olio di cenere con crema e chips di patata…un po banale direte voi…avete mai sentito parlare della pietra filosofale???
Come si fa a trasformare un tocco di pesce usato e stra-abusato come lo spada in un piatto indimenticabile?…chiedetelo a Pino Cuttaia…
il pesce si lascia ammaliare dolcemente dalla nostra forchetta, denotando gia’ al primo contatto una morbidezza non prevista, l’olio di cenere che lo accompagna, mi ricorda con piacere lo stesso olio che mi aveva affascinato anni prima, quando conobbi Pino nel corso del cheese art a Ragusa.
In bocca la delicatezza del pesce si sposa ottimamente con il sentore di timo ed erbe affumicate.
Forse, ma e’ dura la scelta dopo un menu’ del genere, il piatto migliore, per intensità gustativa e tecnica espressa.
Siamo al dolce: Tiramisu’ in coppa Martini, con un cuore ghiacciato al caffe’, dolce fresco e ben fatto, perfetta conclusione di un pranzo davvero entusiasmante.
Paghiamo il conto e ci congediamo dallo chef, con la promessa di rivederci presto, magari a Catania.
Saliamo in macchina, ci aspettano altre due ore di strada prima di iniziare la nostra giornata di lavoro; ci incamminiamo, stanchi ma felici per lo splendido pranzo.
Conclusioni: Ormai da tempo La Madia di Licata e’ un punto di riferimento per gourmet ed appassionati, che macinano chilometri pur di provare le specialita’ del giovane chef; le guide e le riviste specializzate lo hanno consacrato come uno fra i migliori ristoranti dell’isola e forse anche del sud Italia, anche se ogni tanto non gli si risparmiano critiche legate al servizio o alla carta dei vini; a mio avviso, la cucina di Pino Cuttaia, per concretezza e semplicita’, per tecnica ed innovazione, puo’ definirsi l’essenza della nuova cucina Siciliana e considerando anche il contesto in cui e’ situato il ristorante, qualche piccolo peccato veniale, gli si perdona con piacere.
Contatti: Ristorante La Madia – Via Filippo Re Capriata n° 22 – Licata (Ag) – tel. 0922 771443
Pierre Gagnaire – Parigi
Dopo una bella passeggiata per la rue Saint-Honore’, arriviamo finalmente in rue Balzac, la percorriamo tutta ma solo alla fine ci troviamo di fronte all’ingresso del Mitico Pierre Gagnaire il ristorante che prende il nome dall’omonimo e tristellato – pluridecorato – super-recensito chef!
Ci fermiamo per qualche minuto davanti al locale pensando che, a detta di molti, questo e’ tra i primi tre ristoranti al mondo.
Mi emoziona sempre entrare in questi posti, oggi, tra l’altro siamo in ottima compagnia, infatti, ci hanno raggiunto dalla Svizzera Luigi e Doris.
Luigi, che di professione fa lo chef, (a Freebourg all’Ouberg de la Cigogne, dove siamo stati esattamente un anno fa, 9 aprile 2007) non poteva farsi sfuggire l’occasione, ed appena saputo della mia prenotazione si e’ subito accodato.
Be’, basta con le chiacchiere, entriamo.
All’interno, il locale e’ classico ed elegante, il personale di sala ci accoglie con garbo e ci accompagna al nostro tavolo; un bel tavolo rotondo e spazioso al centro della sala.
L’atmosfera e’ calda e piacevole, moquet a terra, luci soffuse, le sedie sono comodissime, sembra il preludio di una serata perfetta…
Iniziamo con un calice di Champagne…siamo in Francia non lo dimentichiamo, brindisi di inizio cena ed amise bouche…Fantastico, ottimo inizio, ci portano 5 o 6 piattini con diversi stuzzichini che fanno presagire l’ottima mano della cucina.
Al tavolo abbiamo gia’ 3 diversi tipi di pane (tra cui una splendida brioche) che iniziamo a cospargere col burro salato che gia’ da tempo ci attendeva nel suo contenitore coperto da una piccola cloche, assaggiamo le piccole preparazioni…quanta tecnica in cosi poco spazio…c’e’ la “carta di rucola e parmigiano con la marmellata di cipolle, l’anguilla al ristretto di carne e dei cornettini all’acciuga, croccanti e saporitissimi.
Luigi un po’ imbarazzato sceglie il vino (mi ha stupito trovare una carta dei vini cosi’ piccola in un locale del genere, magari al contrario di come fanno da noi in italia qui,’ oltre che scriverli in menu’ li hanno anche i vini) , dopo una piccola consultazione scegliamo il vino…ma…il sommeliere…ci consiglia di prenderne un altro che meglio si abbina a quello che mangeremo….ma chi gli ha chiesto un consiglio…???…
mma…comunque scegliamo il nostro vino e decidiamo di prendere il menu’ degustazione a 255€ a persona, ovviamente il menu’ e’ rigorosamente scritto solo in Francese e nessuno del personale di sala parla l’Italiano (da noi per lavorare in un locale con tre stelle devi conoscere 4 lingue!!), quindi ci affideremo ai nostri amici italo-svizzeri per la traduzione del menu’.
Arriva il primo piatto, la presentazione e’ elegante e suggestiva e lascia presagire un inizio fresco e leggero: Granchio, gelatina di agrumi all’aneto,olio di oliva, albicocca, erbette varie…il piatto passa un po’ inosservato, ma con un percorso cosi’ lungo, magari non e’ il caso di iniziare in maniera troppo decisa.
Arriva il secondo piatto, gia’ ci siamo, pesce S.Pietro, con julienne di seppioline ed “onion rings”…il pesce, delicato e gustoso ed ottimo l’abbinamento con le cipolle, croccanti e saporitissime..
Piatto successivo: qui’ le cose si complicano, piatto composto in tre parti, una sulla destra, le altre due su un contenitore a doppio piano, ovviamente salsina sopra (immancabile).
Costruzione del piatto complessa ed un po cervellotica, con la conseguenza di risultare pesante e complicato da mangiare, anche per i forti odori che sprigiona la piccola zuppa di fave e piselli con lardo affumicato, se poi la abbiniamo alla rana ed al piccolo involto di vegetali con la salsa bernese…lascio il mio piatto per cercare di continuare fino alla fine, non mi era mai successo di stancarmi cosi’ tanto al tavolo, il servizio scorre lento e senza alcuna fluidita’, i camerieri cercano di fare il loro lavoro con la massima attenzione, compatibilmente col ritmo affannoso che c’e’ in sala, fumiamo una sigaretta fuori e rientriamo, il piatto sporco della precedente portata e’ ancora li dove lo avevamo lasciato, cerco dell’acqua ma e’ sul nostro tavolo di servizio….[l’acqua a mio avviso, se non vuoi tenerla sul tavolo, devi per forza garantire un servizio di mescita, o si costringe il cliente morire di sete, oppure, come faccio io …..], assetato afferro la bottiglia di acqua e la verso nel mio bicchiere, ma il cameriere, INCAZZATO, mi strappa la bottiglia di mano per versarla a tutti gli altri meno che a me…(questo giochetto, e’ capitato 5 o 6 volte nel corso della serata ed e’ stato molto divertente…per lui, per me non tanto)…il vino…come l’acqua, comodo e meno convenzionale di quei soliti antichi locali italiani, dicevo comodo ti prendi la bottiglia e te la versi; anche col tovagliolo il simpatico cameriere, anziche’ cambiarlo quando una persona ai alza dal tavolo, te lo piega con le sue manine e te lo mette al tavolo, anche questo comodo ed eco compatibile (pensate quanti lavaggi in meno).
Arriva l’aragosta e mentre la stavo ammirando nella sua semplicita’ arriva qualcuno a versarle sopra una “Bisk” fortissima dall’odore pungente ed eccessivamente concentrata…ok, niente aragosta la lascio e vado per un’altra sigaretta…
-FINE PRIMO TEMPO –
Le Chateaubriand – Parigi
La Prenotazione e’ per le 20 e 30, siamo un po in ritardo ma ci siamo quasi, qualche minuto ancora di metro’ e saremo ad avenue Parmentier;
20 e 31, chiamano dallo chateaubriand dicendoci che se non arriviamo sono costretti a dare il tavolo, questi si che sono precisi!
Corriamo per trovare il numero civico129, per fortuna ci hanno preceduto per bloccare il tavolo Lina e Craig (i nostri amici residenti a Parigi che hanno deciso di “emigrare” a Catania per sposarsi il prossimo 31 agosto).
Arriviamo, ci scusiamo e prendiamo posto nei minuscoli tavolini, cercando un po’ di relax dopo la grande corsa.
Il locale e’ stracolmo di gende, incastrata tra i piccoli tavolini, disposti uno accanto all’altro, eliminando quindi qualsiasi tipo di privacy; l’atmosfera e’ comunque carina, l’arredamento e’ rustico da classico bistrot, un bel bancone all’ingresso (affollato di gente che aspetta il suo turno), la cucina e’ quasi a vista e proprio all’ingresso di questa c’e’ un piccolissimo bagno riservato al publico (cosa che per le leggi italiane sarebbe impossibile).
In sala quattro/cinque ragazzi in camicia bianca alti e simpatici, conducono un servizio a ritmi alquanto elevati; Lo chef Inaki Aizpitarte, anche lui in camicia bianca e grembiule passa fra i tavoli ed aiuta anche lui nello svolgimento del servizio.
Il menu’, scritto su un foglio A4 e’ unico ed uguale per tutti, al costo di 40€ e comprende 5 portate, che cambiano di giorno in giorno.
Scegliamo il vino e siamo pronti per iniziare.
Amuse bouche: servito in una coppa di vetro, del cavolfiore crudo tritato, con granita di sedano e lamelle di foie gras, fresco e stuzzicante come inizio .
Il cameriere, toglie i piatti lasciandoci pero’ i cucchiai sporchi (che appoggia sul tavolo nudo e crudo senza alcun coperto) che ci serviranno per la portata successiva…bella questa, mai vista, fara’ parte della nuova tendenza “Bistromane”???
Proseguiamo con Langoustines, petits légumes: astice con verdure e germogli, decisamente non esaltante.
siamo alla terza portata, Merluzzo con asparagi bianchi e verdi con agrumi e salsa di arance, davvero molto buono ed equilibrato.
Arriva il Piccione, con carciofi e crema di porri, piatto ben fatto e ben presentato, cottura perfetta.
Finito il piccione arriva il pane…otiimo tempismo!!!
Il dolce e’ Chocolat, fraises, wasabi, ovvero una mousse di ottimo cioccolato servita con fragole ed una schiuma al wasabi, inusuale e strano l’abbinamento ma interessantissimo il risultato finale.
Comclusioni: Se avessi trovato per caso questo locale, sarebbe stata sicuramente una piacevole sorpresa, ma, dopo aver letto un po in tutti i giornali italiani, in tutti i blog piu’ quotati, le peripezzie di questo bravo e giovane chef, forse la mia aspettativa riguardo al locale era un po alta, e, sinceramente non posso dire che l’esperienza mi abbia esaltato, restano sicuramente tanti imput positivi riguardo alla concettualita’ che il posto vuole esprimere, e all’indiscussa tecnica del bravo Inaki, che riesce con piatti semplici ed innovativi a mostrare una spiccata personalita’.
Contatti:
· Le Chateaubriand 129, avenue Parmentier 75000 XIème Téléphone : 01 43 57 45 95