Si è concluso il 29 Febbraio Open Cibo, l’evento organizzato da Zero e coordinato dal Gianluca Biscalchin in Triennale a Milano: una bella carrellata ragionata di incontri con chef, produttori, esperti e appassionati di food e tecnologia.
Martedì ho tenuto un workshop su Food e Social Network nel quale ho delineato il mondo delfood attraverso la rete delle community, parlando di reputazione, trend setter e tendenze. Insieme ad un pubblico composito e aperto (tutti gli eventi in calendario erano “open”, ovvero aperti a tutti) abbiamo analizzato come i Social network oltre a occupare molte delle ore delle giornate degli italiani, stando diventando determinanti nell’orientamento sia culturale che commerciale della popolazione. Una fotografia sull’Italia digitale che mi ha aiutato ad entrare in quella che oggi viene già chiamato Internet 2.5, ovvero la fase in cui i Social network stanno di fatto diventando assoluti leader di opinione.
Ieri sera a conclusione della rassegna: 5 cuochi e 170 appassionati, giornalisti, foodblogger hanno preso parte a un interessante esperimento gastronomico e di comunicazione che è stato bello documentare.
Nella grande sala degli eventi della Triennale, lungo due grandi tavoli imperiali, ogni ospite con tablet, cellulari, computer si relazionava al mondo twittando e raccontando l’evento. Un grande proiettore sparava life lo spazio hashtag #vfopen e tutti testimoni voyeur si testimoniavano, spiavano, commentavano.
E c’era di che commentare visto che la successione di 5 piatti ha colpito nel segno, segnando una delle cene più divertenti della stagione. Partiamo dall’antico, o meglio dal sacro, dai due panidel grande Eugenio Pol: una segale in purezza e un pane di cereali antichi in prevalenza siciliani. Due capolavori assoluti.
Poi l’inizio coraggioso, il più coraggioso, del più giovane della brigata Lorenzo Cogo del ristorante El Coq che ha steso tutti con un Foie gras di rana pescatrice con rape. Un piatto difficile ma eccezionale, con tanto mare (quello della Normandia da dove le enormi rane pescatrici di 5 kg sono state pescate) che si fermava in gola a lungo. Fin troppo ripensandoci, visto che sul risotto (il piatto successivo) a volte mi sembrava di sentire il pesce!
Nonostante gli echi della Normandia, il risotto dei fratelli Costardi è avvolgente come un pile ed è buonissimo. Un super Riso Gli Aironi 24 mesi con Grana padano (taglio sartoriale 27 mesi) caffè e riduzione di birra: peretto. Assito incredula alla mantecatura di 5 kg di riso, con onda atlantica, anzi con Tzunami.
La Zuppa etrusca di Aimo, preparata da Alessandro Negrini e Stefania Moroni, esce come in Via Montecuccoli, e c’è di che vantarsi visto i 170 ospiti e la cucina allestita in un corridoio della sala attrezzato con due fornelli. I vari cereali e le verdure che la compongono sono il frutto di una ricerca importante. Oltre che meravigliosamente buona e composta di contrasti e consistenze crudo cotto, la zuppa è fatta di prodotti micorrizati, ovvero risultati di associazione simbiotiche tra funghi e piante. E di questo parleremo presto, visto che ho preso dei contatti e esplorerò a breve.
Il secondo è a firma Cesare Battisti (Ratanà), che ha presentato un piatto con Polenta, luccio (pescato da lui!) e Bottarga. Un gioco intenso e avvolgente, con una chips di pelle di luccio super buona. Con Roy Paci e Carlo Spinelli, con cui condivido il backstage dello cena, scherziamo sul gioco di parole: Luccio di Battisti e pensiamo a Lucio Dalla, forse proprio mentre il grande cantautore (scopro con immensa tristezza mentre scrivo) è colpito da un infarto.
Arriva il dolce (Fusto docet) ma è pasta! Una sua versione del pacchero che a me piace più per il contenuto singolo che nel sul insieme. Siamo alla fine: i tweet sono fiacchi, l’alcol aiuta le relazioni reali (per fortuna) e la gente si mischia.
Finalmente.
foto di Elisia Menduni
Fonte: Gazzetta Gastronomica