Profumo Italiano in Texas [6] IL CUCINIERE ERRANTE esordisce a Houston!!!

Caro Andrea!

È accaduto. Uno non diventa per caso il primo free-lance chef in Italia. Voila che il Cuciniere Errante, alias Carmelo Chiaramonte, si è esibito nella prima cena oltreoceano, a casa di Dick e Suzy Bergner, collezionisti d’arte come si intuisce qua e là dal background delle foto.

Il mood della cena è sempre quello: la comunione tra i popoli attraverso quella degli ingredienti. Quindi il Nostro, zitto zitto, la mattina se ne è andato all’Hong Kong Market, nel quartiere di Bellaire, come dire un pezzo di Asia ricreato a Houston (estetica a parte: i Texani sono gente pratica, architetti inclusi, una volta che in un centro commerciale l’aria condizionata funziona bene e l’edificio è sufficientemente stabile, non chiedono di più). All’Hong Kong market si è scatenato e ha acquistato tutto il fresco insolito che gli si è palesato davanti agli occhi:

– foglia di aloe (usata dai messicani)

– fiore di banano (usato da vietnamiti e thailandesi)

– curcuma fresca

– basilico thaisss

– menta fresca

– coriandolo fresco (scherzo, è allergico: povero, bisognava vedere la sua frustrazione al messicano come al vietnamita, dove il coriandolo fa la parte del prezzemolo)

– fragole

– peperoni gialli

– costolette di maiale (un must del tex-mex)

– un pezzo di zucca gialla

– un porro

– cipolle, aglio

– pere asiatiche

il tutto si è unito in matrimonio con:

– riso Carnaroli

– pistacchi di Bronte

– capperi di Pantelleria

– olio di oliva Terre di Mezzo

– miele di zagara

– sale di Trapani

– Parmigiano Reggiano

Praticamente, un matrimonio gastronomico che ridefinisce il concetto di italo-americano! Già, perché da queste parte dell’Atlantico girano piatti pseudo-italiani falsi come banconote da tre dollari: fettucini Alfredo (giuro lo scrivono così) chicken parmigiana (anche questo lo scrivono così), e una falsità da De Bello Gallico, la Caesar salad (sono tutti onestamente convinti che sia italiana e certe volte fa quasi dispiacere dirgli la verità, è come togliere Babbo Natale ai bambini).

Il Nostro, che come sempre quando cucina vuole fare anche pensare, ha meravigliato i dieci privilegiati invitati usando ingredienti esotici per cucinare italiano, dimostrando così anche agli scettici da ambo le rive che la nazionalità di una cucina è un fatto di mood, oltre che di ingredienti. Siccome la regola della cena era che tre degli invitati gli facevano da brigata di cucina, dovevi vederli tra “Oooohhh” e “Aaahhh”. La libertà creativa di Carmelo li ha stregati.

Qui, devo raccontare per onestà la nota di panico da cui mi sono lasciata prendere: la padrona di casa mi ha chiesto circa dieci volte il menu, finché io per fare rima le ho risposto che sarebbe stato all’impromptu… e lei ha rinunciato a stamparlo sugli inviti. Vagli a spiegare che la creatività intorno all’Etna segue l’estro vulcanico dell’attimo!…

L’estro del nostro, che mi ha poi confessato di avere comprato gli ingredienti sull’onda dell’entusiasmo, senza ancora avere in mente i piatti, si è così espresso:

APPETIZER: versione finger food della sua celebre caponata di fragole e peperoni, con capperi di Pantelleria, menta fresca e olio extra-vergine che i convitati se lo sniffavano e se lo passavano con occhiate eloquenti come dire “roba buona così a Houston non se ne trova”.

APPETIZER DUE: pistacchi di Bronte tostati e salati con sale di Trapani. Sembra facile! La padrona di casa ha provato a farli il giorno dopo. Metà son venuti bruciati, metà troppo salati… un altro invitato li ha fatti con pistacchi iraniani… addio consistenza e sapore…

PRIMO: risotto con zucca, semi di zucca tostati, e una genialata il brodo, fatto con il verde dei porri, la scorza della zucca e i semi della zucca fresca. Polpa della zucca arrostita in forno e aggiunta al risotto all’ultimo insieme a una grattugiata di curcuma fresca, che praticamente è come dire un vulcano che fiorisce.

SECONDO: un classico, costolette di maiale al forno. Però la verdura di contorno invece che patate e carciofi, erano i fiori di banano sbollentati con dadolata di aloe cruda e cotta. I fiori di banano ci hanno un po’ delusi, ci aspettavamo più profumo, ma la consistenza era piacevole.

DOLCE: pere asiatiche sciroppate con crema dolce di ricotta, croccante di pistacchi di Bronte al miele di zagara e scaglie di cioccolato di Modica. Un trionfo.

Ora, tu dirai, perché ti mandiamo le foto dei commensali invece di quelle dei piatti? Avrai già capito da questi post che come fotografi non abbiamo futuro (e neanche passato).

Io ho fotografato i piatti su una macchina di cui non abbiamo il cavetto per scaricare le foto. Un giorno, abbi fede, te le manderemo.

La serata, come si vede dalle foto dello chef sorridente con gli ospiti, è andata alla grande. La sottoscritta, come si vede dall’apprensione con cui giro il risotto, vive all’insegna della colonna sonora: “STRESSSS-SA-TIS-SI-MAAAAA! Sotto il sole del Texassssss…”

Ma un giorno ci manderanno a promuovere la cucina italiana in un monastero zen e lì mi riprenderò.

6 pensieri su “Profumo Italiano in Texas [6] IL CUCINIERE ERRANTE esordisce a Houston!!!

  1. Mah!!!… di questo mood cari ragazzi resto proprio perplesso. Non penso proprio che questa gente abbia bisogno di conoscere i veri prodotti italiani, penso che visti i dollaroni li conoscano davvero bene… diciamolo pure… hanno passato una bella serata e sono stati soliti fortunati! Pubbliche relazioni?… resto sempre perplesso… preferisco gli impacciati studenti o l’auto invito dei poliziotti… magari loro potrebbero avere davvero l’occasione di non mangiare italiano sbagliato!
    Non so se Carmelo sia stato davvero felice, lo vedo davvero fuori luogo… penso a una sua espressione… buttanesimi… spero che ne valga veramente la pena farli a Huston.
    Sarà… magari lui può smentirmi!!
    In abbraccio e torna presto… i bambini aspettano!

    1. Aspettate di vedere cosa si trova di italiano in un supermercato di Houston e vedrete se non c’era bisogno di portargli capperi incenso e risotto!

      ragazzi i soldi non sono di per sé garanzia di mangiare bene. Se nel negozio sotto casa ti vendono solo l’Orvieto classico (con tutto il rispetto) hai voglia a poterti comprare una cassa di Rosso del Conte… o di Rosso del Bepi, per non fare sempre la trinacriofila!
      adesso non per dire, ma saranno mica scemi questi dell’ITC: se decidono di investire per la promozione in un territorio, hanno studiato la situazione prima, no? Vi assicuro che in Texas, riguardo all’italianità gastronomica, c’è decisamente room for improvement. E tanto più perché c’è disponibilità economica vale la pena di educare il gusto. Su su su! Che a fare gli snob si guadagna solo che poi ci superano a destra e sinistra francesi e spagnoli e noi restiamo confinati alle tovaglie a quadretti. Invece, e lo dico soprattutto per eventuali produttori all’ascolto, è decisamente il caso di darsi una mossa e battere il texas finché è caldo.

      1. Sono assolutamente d’accordo con quello che dici.

        Secondo me ce ne vorrebbero non uno ma cento di Carmelo, e di manifestazioni conoscitive del nostro cibo così tanto malamente copiato in Usa.

        Farebbe un gran bene, oltre che alle nostre esportazioni, anche alla salute delle persone ….

  2. Cara Roby
    devo dire che mi trovi pienamente d’accordo, la politica del “fare” e’ sempre quella che ti porta ad andare avanti ed a non essere superato dagli altri….con lo snobbismo ed il classismo, tipico di chi parla e basta non si va da nessuna parte, mi dispiace essre in disaccordo col mio fratello di forchetta…anzi oggi di CUCCHIAIO Gianfranco, anche lui come me e’ un tipo abbastanza pratico , ma evidentemente “la Mise en Place” della tavola gli “ha buttato troppo male”.
    il caro Gianfri, anche se si nasconde dietro filosofie politiche abbastanza destrorse, fondamentalmente e’ molto SOCIAL….quindi la prossima volta occhio alla scelta del tovagliato e della cristalleria…..e comunque….baci a tutti ‘mericani e Siculiani!!!

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